La Corte Europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è stata accusata di voler approvare la riscrittura della storia sostenendo, dai motori di ricerca, il diritto all’oblio per coprire in modo più ampio i siti web di notizie. La vicenda ha coinvolto il quotidiano belga in lingua francese “Le Soir”.
Inoltre, già dallo scorso anno, sono intervenuti anche gli editori britannici Times Newspapers e Guardian News and Media, insieme alle varie organizzazioni per la libertà di stampa. Queste accusavano la Corte Europea di costringere i siti web a cancellare notizie da internet e di rimuovere materiale d’archivio, ovvero una “componente essenziale della moderna raccolta di notizie e cronaca”.
La vicenda
La Grande Camera della CEDU, di cui il Regno Unito ne fa parte nonostante la Brexit, si è pronunciata favorevolmente rispetto al conducente che voleva essere reso anonimo in un articolo che pubblicava i suoi dati personali nel riferire un incidente automobilistico mortale di cui era responsabile.
La notizia originale venne scritta e pubblicata nel lontano 1994 ma è stata pubblicata nuovamente nel 2008, quando il quotidiano Le Soir creò una versione online dei suoi archivi risalenti al 1989. L’autista, per far valere le proprie ragioni, nel 2010 scrisse prima al proprietario del giornale per chiedere la rimozione dell’articolo o, in alternativa, di essere reso anonimo ma la richiesta venne respinta.
La decisione della Grande Camera della CEDU
La vicenda finì in appello dalla camera bassa della CEDU, per poi terminare nei tavoli della Grande Camera. Secondo i giudici della Grande Camera l’articolo “non ha alcun interesse di attualità, storico o scientifico” ed al soggetto interessato, che non rivestiva alcun ruolo pubblico, è stato causato un grave danno anche in virtù della continua disponibilità in rete di una vicenda avvenuta molti anni prima.
La Corte Europea si è pronunciata attraverso 12 giudici, di cui 5 in disaccordo, ed ha aggiunto che l’anonimizzazione dell’articolo non ha imposto un onere eccessivo e impraticabile al quotidiano e che si è trattato dello strumento più rapido ed efficace per proteggere la privacy del soggetto interessato.
I giudici hanno poi concordato che c’è stata in alcun modo nessuna violazione dei diritti alla libertà di espressione e che la sentenza non ha sacrificato la libertà di stampa in favore del diritto all’oblio, che apre alla rimozione contenuti obsoleti Google. La decisione, per il momento, è stata presa soltanto per il caso in esame e non è stato aggiunti l’obbligo, per tutti gli editori di notizie sul web, di anonimizzare sistematicamente i propri archivi.