Alcuni cittadini hanno diritto alla rimozione contenuto diffamatorio da Google in forza delle legislazioni europee sulla protezione dei dati personali. Cancellare da Internet notizie di questo genere non è semplice: bisogno dimostrare che l’eliminazione della notizia inesatta o diffamatoria sia del tutto legittima. Da diversi anni la comunicazione globale si è spostata sui canali della rete internet, attraverso l’utilizzo dei social networks e delle piattaforme digitali sulle quali ognuno può pubblicare contenuti a piacimento. Ma tra le novità più rilevanti di questa evoluzione telematica vi è certamente l’approdo della carta stampata sul web: tra i principali quotidiani nazionali e le testate online l’informazione giornalistica si è ormai concentrata sulla rete (a chiaro discapito della vendita delle copie cartacee) con il conseguente – nonchè esponenziale – aumento dell’utenza raggiungibile ogni giorno dagli articoli pubblicati su internet. Ed è proprio l’esposizione pubblica delle informazioni contenute negli articoli online a rappresentare un grande rischio per la tutela e protezione dei dati personali; prima dell’avvento del giornalismo sul web, i fatti di cronaca riportati su un giornale cartaceo entravano nel dimenticatoio collettivo una volta gettato il quotidiano tra i rifiuti mentre, adesso, la pubblicazione in rete di una vicenda, anche diffamatoria o lesiva della reputazione personale, può potenzialmente permanere nel web per un tempo indeterminato.

E’ quindi evidente la necessità di una compiuta informazione sugli strumenti previsti a livello normativo per tutelare i dati personali in rete e, nel caso che qui interessa, per ottenere la rimozione di contenuti diffamatori da Google.

Nel pieno rispetto del diritto di cronaca, quale manifestazione della libertà di espressione del pensiero, non può però tacersi che talvolta la pubblicazione in rete di contenuti errati, falsi o, nel peggiore dei casi, dal chiaro intento diffamatorio non risponda a nessuna superiore esigenza giornalistica e rappresenti, invero, un mero strumento per screditare e danneggiare la reputazione di un determinato soggetto.

In questi tutti questi casi (o quando – più in generale – si è vittima di un siffatto attacco telematico) cosa si può fare per ottenere la rimozione dei contenuti diffamatori da Google?

Muovendosi innanzitutto dalle fonti normative poste a supporto della privacy, dallo scorso 25 maggio è divenuto direttamente applicabile nel territorio degli Stati membri il nuovo Regolamento UE/679/2016 (meglio noto come G.D.P.R., General Data Protection Regulation) relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione degli stessi (che ha abrogato la precedente direttiva 95/46/CE recante la disciplina generale sulla protezione dei dati precedentemente applicabile). L’iniziativa europea ha fatto sì che tutti i governi nazionali degli Stati membri concentrassero la propria attenzione sui temi della privacy e della protezione dei dati personali in rete. A livello italiano, con il D.Lgs. 101/2018 il nostro Legislatore ha disposto l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni dettate a livello europeo dal G.D.P.R., attraverso una copiosa modifica delle disposizioni contenute nel previgente Codice della Privacy, contenuto nel D.Lgs. 196/2003.

Alla luce delle norme appena descritte, l’utente che vuole ottenere la rimozione di contenuti diffamatori da Google dovrà invocare davanti al motore di ricerca il famoso diritto all’oblio di cui all’art. 17 G.D.P.R.: il trattamento illecito dei dati personali – come appunto la diffusione di informazioni false, offensive o addirittura diffamatorie – giustifica la richiesta di cancellazione delle URL da Google, sul quale grava l’obbligo di rimuovere i contenuti diffamatori, direttamente riconducibili all’interessato che ha esercitato il diritto alla cancellazione (o diritto all’oblio), senza ingiustificato ritardo. La relativa richiesta deve essere inoltrata attraverso un apposito form presente nella sezione privacy del sito (Privacy Policy), nel quale dovranno essere indicati gli indirizzi URL da rimuovere, unitamente ad una breve motivazione (max 1000 caratteri) sulla sussistenza dei requisiti per l’esercizio del diritto all’oblio.