Nell’era digitale la pubblicazione in rete di una notizia o articolo di giornale espone il protagonista della vicenda al pubblico giudizio, con le ovvie conseguenze che ciò può comportare. Fino a pochi mesi fa chi era stato oggetto di cronaca locale e, soprattutto, nazionale, doveva affrontare la gogna mediatica derivante dalla incontrollata diffusione di notizie false, negative e – il più delle volte – diffamanti che riguardavano le proprie vicende personali e professionali, senza poter fare nulla per tutelare la propria immagine online. Dal 25 maggio, con la sostanziale entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo in materia di Privacy (il cosiddetto G.D.P.R., General Data Protection Regulation) è stato per la prima volta riconosciuto ufficialmente il Diritto all’Oblio, ovvero il diritto “ad essere dimenticati” dalla rete ogniqualvolta ricorrano determinati presupposti (rigidamente previsti dal Legislatore europeo). Adesso gli utenti possono chiedere di eliminare le notizie negative da Google qualora il loro contenuto sia obsoleto, falso e comunque non aggiornato (ad esempio nell’ipotesi in cui ad una condanna in primo grado sia seguita una sentenza di assoluzione in appello); l’unico limite al diritto alla cancellazione è dato dall’eventuale sussistenza di un interesse pubblico alla conoscibilità della notizia e, quindi, alla sua permanenza in rete. Non bisogna dimenticare infatti che il diritto alla riservatezza del singolo deve sempre essere bilanciato con il diritto di cronaca, anch’esso costituzionalmente garantito e meritevole di tutela secondo l’ordinamento nazionale.

Quindi, quando una persona intende cancellare da Google notizie negative o diffamanti, (riguardanti ad esempio vicende giudiziarie di diversi anni fa) o semplicemente false, deve compilare un modulo presente sul sito del motore di ricerca, nel quale inserire le URL da rimuovere ed il motivo della richiesta. Una volta ricevuta la richiesta, Google assegnerà un numero di protocollo individuale (da conservare per le successive comunicazioni) per identificare la pratica: in caso di esito positivo, le ricerche correlate al nominativo dell’interessato verranno rimosse dai risultati di ricerca dello Stato di residenza del richiedente.

In caso contrario, qualora Google decidesse di non togliere le URL segnalate dalla rete, l’utente potrà rivolgersi al Garante per la Protezione dei dati personali per ottenere un provvedimento che condanni il motore di ricerca a cancellare i dati personali dal web; in alternativa, è possibile proporre ricorso all’Autorità giudiziaria competente, davanti al quale presentare eventualmente anche domanda per il risarcimento dei danni subiti a causa del trattamento illegittimo dei dati personali.