E’ di qualche tempo fa la notizia secondo cui l’82% degli italiani non saprebbe riconoscere una fake news. L’analfabetismo funzionale ha permesso alle notizie false (o comunque inventate) di acquistare una incredibile rilevanza, in Italia come nel resto del mondo, divenendo ormai strumento per acquisire visibilità e, quindi, guadagnare attraverso le condivisioni e i “click” degli utenti.  Come riconoscere una fake news? Per contenere il fenomeno delle bufale, dalla rete è possibile individuare un decalogo delle norme da seguire per non farsi abbindolare da questi titoli, frutto dell’immaginazione di autori sconosciuti, creati ad hoc per attirare l’attenzione dei lettori meno attenti. Innanzitutto, la prima cosa da fare è verificare la fonte da cui proviene la notizia; se dalla pagina dei contatti, dalle informazioni condivise nella sezione “about us” o, ancora, dalla privacy policy non è possibile risalire al titolare del sito web, allora molto probabilmente la pagina web in questione non sarà attendibile. Anche l’aspetto “estetico” del sito può essere indice di professionalità o serietà: se l’estensione della URL (ad esempio com.co) è diversa da quella utilizzata dai siti più famosi – e quindi accreditati – o se l’impaginazione grafica non sembra essere professionale, è bene diffidare dalle notizie condivise su quella pagina web. Molte volte infatti i siti che diffondono fake news fanno affidamento sulla scarsa attenzione dei suoi lettori: in gran parte di queste pagine web le immagini appaiono distorte o manipolate e la grafica sembra copiare quella di famosi quotidiani nazionali, così da indurre in errore gli utenti meno attenti. Altro elemento da non sottovalutare nel giudicare l’attendibilità di un sito è l’autore della notizia stessa; se chi riporta uno scandalo o una notizia da prima pagina utilizza uno pseudonimo o non possiede alcun profilo social (Facebook, Twitter o Linkedin) probabilmente non vuole essere identificato in quanto ha scritto notizie non veritiere. Se si ha il dubbio che una notizia possa essere una bufala, è sempre bene cercare conferme sul web, possibilmente sui siti di importanti testate giornalistiche: è davvero improbabile che sulle pagine dei quotidiani nazionali  non vi sia alcuna traccia di uno scoop serio e, soprattutto, verificato.

La preoccupante diffusione di queste notizie però non riguarda solo il Bel Paese; il problema delle fake news nasce negli Stati Uniti, dove l’analfabetismo funzionale è molto diffuso e, allo stesso tempo, sfruttato da chi è capace di trarne profitto. A tal proposito, c’è chi ritiene che il potere manipolatore di queste notizie immaginaria abbia addirittura permesso l’elezione dell’attuale Presidente Donald Trump, attraverso un sistema di diffusione capillare di articoli capaci di influenzare l’elettorato meno attento. Sulla scia di tale fenomeno, lo stesso Presidente Trump ha risposto accusando Google di manipolare le notizie diffuse sul web a suo discapito e di favorire la diffusione di fake news negative sul suo conto.

Il carattere diffamatorio di gran parte delle bufale in rete ha spinto alcune vittime a chiedere il sequestro dei siti dove queste notizie venivano pubblicate. I dati informatici sono infatti equiparati alle cose in senso giuridico e, quindi, quando ne ricorrono i presupposti previsti dalle legge (in questo caso gli artt. 14, 15 e 16 del D. Lgs. 9 aprile 2003, n. 70), è ammesso l’oscuramento del sito web e il suo sequestro preventivo.