Nella sentenza n° 13161 del 24 giugno 2016 si è espressa la Corte di Cassazione sul diritto all’oblio, in merito ad una vicenda specifica, in cui questa stessa ha dichiarato che I ricorrenti censurano la pronuncia del Tribunale dolendosi essenzialmente che siano stati valorizzati del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 136 e gli artt. 7, 11, 15 e 25 e non invece gli artt. 99, 137 e 139 inerenti al trattamento dei dati personali per scopi storici e finalità, nonché le regole introdotte dal menzionato codice deontologico, ivi inclusi gli artt. 1, 2, 5, 6 e 12. La definizione Diritto all’Oblio è la seguente: il diritto del cittadino di richiedere la cancellazione, l’indicizzazione e la memorizzazione dei suoi dati personali, e delle informazioni ad essi connesse, ai motori di ricerca (Sentenza diritto allìoblio).

La sentenza della Corte Europea sul diritto all’oblio ha affermato che ogni interessato, in virtù di quanto sancito dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (diritto all’oblio articolo) può richiedere che una determinata informazione presente sul web non venga più messa a disposizione per gli utenti del web; ovvero tale diritto consente all’individuo la non diffondibilità dei suoi precedenti pregiudizievoli dell’onore, intendendosi quindi possibili precedenti giudiziari di una persona, a meno che questi non hanno particolare rilevanza rispetto ad altri interessi.

Le informazioni infatti potrebbero essere provocare al soggetto un danno all’immagine e alla reputazione personale e lavorativa. Qual’è la definizione diritto all’oblio? Il diritto all’oblio cos’è? Tale diritto rappresenta il diritto dell’individuo – che in precedenza è stato oggetto di cronaca – di richiedere successivamente di essere dimenticato, ovvero di essere cancellato in merito agli episodi che lo hanno visto colpevole di un reato, o perché è stato assolto. Ciò potrebbe comportare la possibilità che quella notizia non sia più divulgata dalla stampa o dagli altri canali di informazione, come ad esempio la rimozione delle informazioni personali dai motori di ricerca come Google. Così come il modulo di diritto all’oblio Google anche gli altri motori di ricerca come “Yahoo!” o “Bing” hanno messo a disposizione delle guide per presentare i moduli per la richiesta di Diritto all’Oblio.

Nel provvedimento n. 400 del 6 ottobre 2016, il Garante della Privacy ha stabilito che non è consentito il diritto all’oblio quando le vicende giudiziarie si sono concluse da poco tempo. Ciò avviene perché in questi casi prevale l’interesse pubblico che ha il pieno diritto di conoscere le notizie. Infatti è importante tenere presente che hanno la possibilità di richiedere l’esercizio del seguente diritto all’oblio solo le persone i cui reati non sono più di pubblica utilità; vale a dire solo dopo che il fatto è stato visualizzato dal pubblico per il tempo necessario; perché solo dopo che è trascorso questo periodo di tempo finisce per rappresentare un oggetto di cronaca, e diventa privato. Infatti il Garante della Privacy stabilì che “l’ente continui a divulgare sul proprio sito istituzionale le decisioni sanzionatorie riguardanti l’interessato e la sua società, ma – trascorso un congruo periodo di tempo – collochi quelle di vari anni or sono in una pagina del sito accessibile solo dall’indirizzo web. Tale pagina, ricercabile nel motore di ricerca interno al sito, dovrà essere esclusa, invece, dalla diretta reperibilità nel caso si consulti un comune motore di ricerca, anziché il sito stesso(diritto oblio garante privacy).

Va ricordato inoltre che sulla giurisprudenza diritto all’oblio è stato dichiarato che le persone condannate per reati possono esercitare il diritto all’oblio, in quanto, come dichiara l’articolo 27, Comma 3°, Cost., secondo cui “Le pene […] devono tendere alla rieducazione del condannato” . Tale concetto ha come prerogativa la funzione rieducativa della pena, tale per cui Il diritto all’oblio potrebbe essere considerato come un reinserimento dell’accusato alla società civile. Inoltre possono esercitare il diritto all’oblio Internet anche le persone che ritengono che i propri dati sono stati diffusi in rete previa autorizzazione personale, ovvero che hanno subito un furto di dati personali. La sentenza numero 23771/2015 del Tribunale di Roma ha precisato che il diritto all’oblio non è altro che una particolare espressione del “diritto alla privacy e alla riservatezza”. Inoltre sono stati dichiarati quali sono i presupposti utili per ottenere l’attuazione del diritto all’oblio. La procedura infatti invita l’utente a raccogliere tutte le URL in cui sono presenti i propri dati personali. E’ utile che la richiesta avvenga preferibilmente con l’assistenza legale di un avvocato, poiché Google può richiedere l’invio di documenti legali in sede di argomentazione. Avviene molto spesso che Google, non essendo il proprietario dei siti-web che pubblicano notizie nel suo motore di ricerca, inviti l’utente a contattare il Webmaster del sito in cui sono presente le informazioni personali che si intendono rimuovere.

Risulta quindi importante farsi assistere da un avvocato esperto in materia e da un consulente informatico che può aiutarla ad esercitare il diritto all’oblio, poiché può non essere sufficiente la semplice compilazione individuale del modulo del “diritto all’oblio”; soprattutto per evitare di incappare in errore durante la richiesta di rimozione dei dati personali da Internet. In questo modo potrai richiedere l’eliminazione del tuo nome, di una notizia, una pagina web, un’immagine o un qualsiasi dato personale che ti riguarda.