Il reclamo presentato al Garante in data 29 novembre 2018, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, aveva ad oggetto la richiesta da parte dell’interessato di ordinare a Google LLC ed a Google Italy S.r.l. la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo, di un URL collegato ad una vicenda giudiziaria, risalente nel tempo e connessa alla professione esercitata all’epoca, in ordine alla quale ha scontato la pena a suo tempo inflittagli dalla competente Corte di appello. Clicca qui per leggere il provvedimento integrale.
La richiesta del reclamante
L’interessato lamentava il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale dalla permanenza in rete di informazioni datate e collegate ad una professione che non svolgeva più a far tempo dal 2009, anno nel quale è avvenuta la radiazione dal relativo albo di categoria, e dunque chiedeva che il proprio diritto all’oblio venisse rispettato.
Altresì richiedeva la cancellazione delle notizie dal web.
Tuttavia, Google rappresentava di non poter accogliere la richiesta dell’interessato trattandosi di vicenda recente in ordine alla quale, nel 2013, è stata pronunciata nei confronti del medesimo una sentenza di condanna per i reati di appropriazione indebita e di falso con riguardo a condotte tenute nello svolgimento della sua attività professionale, ritenendo, dunque, la sussistenza dell’interesse del pubblico a conoscere le informazioni reperibili tramite detto URL in quanto connesse al ruolo pubblico svolto dal reclamante e riguardanti gravi reati commessi nell’esercizio di tale ruolo.
La decisione del Garante
L’Autorità riteneva legittimamente esercitato il diritto all’oblio con riguardo all’istanza di rimozione dell’URL indicato nell’atto di reclamo.
Invero, a fini della valutazione dei presupposti per deindicizzare i contenuti contestati è necessario tener conto dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo e degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014.
L’organo competente rilevava, altresì, che nel 2013 la Corte di Appello competente confermava la condanna inflitta all’interessato in primo grado, riducendo la pena irrogata che risulta scontata da tempo e che il medesimo non svolgeva più, a partire dal 2009, l’attività professionale in relazione alla quale erano stati commessi i reati per i quali è stato condannato, pertanto non ricoprendo più un ruolo pubblico per il quale possa ritenersi ancora sussistente l’interesse della collettività a disporre di tali informazioni.
Dunque, il Garante nel bilanciamento tra il diritto di cronaca e il diritto all’oblio, riteneva prevalente il secondo e, pertanto, non giustificato il perdurante trattamento dei dati dell’interessato da parte del motore di ricerca con riguardo all’URL oggetto di reclamo.
Tanto premesso, a Google veniva intimata la rimozione gli URL quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato, nel termine di venti giorni dalla ricezione del provvedimento e dunque il beneficio del diritto all’oblio.