Google: Motore di ricerca in Cina

Google vuole ritornare in Cina dopo lo scandaloso abbandono del 2013, dovuto agli insormontabili divari con il Partito Comunista al potere. Il colosso di Mountain View sta cercando di rientrare nel mercato cinese nonostante le numerosissime limitazioni imposte dal Governo di Pechino sulla libertà di utilizzo del web e, quindi, dello stesso motore di ricerca; l’intento di Google è quello di assecondare le censure e le limitazioni governative, sì da poter tornare ad operare in uno dei mercati più grandi del mondo intero.

Il motore di ricerca pensato per la Cina si chiamerà Dragonfly e sarà disponibile solo per i dispositivi Android. Con molta probabilità, alla fine delle trattative il Governo cinese imporrà al colosso americano alcune limitazioni: innanzitutto, Google dovrà rimuovere i contenuti ritenuti “sensibili” dal regime del Partito comunista cinese (come le informazioni su dissidenti politici, la libertà di parola, la democrazia, i diritti umani e la protesta). Dragonfly dovrà poi essere in grado di ricollegare ogni ricerca online al numero di telefono dell’utente che la effettua, così da permettere al Governo di Pechino di poter monitorare costantemente i contenuti online ricercati dai propri cittadini (salvando altresì tutti i dati utilizzati su server che resteranno nella piena disponibilità del Governo).

Il funzionamento di questo sistema sarà garantito dalla collaborazione con una società cinese, attraverso la quale i vertici di Pechino potranno costantemente monitorare e, naturalmente, controllare le informazioni raccolte dal motore di ricerca. Non è quindi difficile pensare che un siffatto sistema sia sostanzialmente indirizzato al controllo delle ricerche dei cittadini sul web: non a caso, la creazione di “Dragonfly” ha costituito oggetto di accesi dibattiti e numerosissime critiche a livello mondiale, in quanto rappresenta un mero strumento di censura e di limitazione della libertà sul web.

La diffusione mediatica della notizia ha infatti suscitato le reazione di molti dei più importanti Governi occidentali: negli Stati Uniti ad esempio i legislatori hanno chiesto chiarimenti al CEO di Google perchè fortemente preoccupati dei possibili sviluppi di una joint venture digitale tra Big G ed il governo cinese e diretta, concretamente, alla compressione della libertà di informazione e della libertà di internet. Ma c’è anche chi è andato oltre. La notizia della creazione di un motore di ricerca ad uso e consumo del Governo cinese ha spinto una decina di ingegneri Google a rinunciare all’incarico, sulla scorta di questioni etiche insormontabili e – tutte – riconducibili alle inammissibili censure volute da Pechino.

Ma i vertici di Mountain View sembra non abbiano alcuna intenzione di arretrare: con il suo bacino da 800 milioni di utenti la Cina rappresenta una miniera d’oro per chi offre servizi legati al web. E come Google, anche altri colossi americani stanno cercando di diventare più “appetibili” al mercato del Sol levante, piegandosi ai diktat di Pechino in materia di Privacy e di protezione dei dati degli utenti in rete.

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