Al giorno d’oggi possiamo tutelare la nostra reputazione online grazie al diritto all’oblio, che prevede di cancellare notizie da Google o dagli altri motori di ricerca o, in alternativa, la loro deindicizzazione. I criteri secondo il quale è possibile appellarsi al diritto all’oblio sono diversi e, nel caso in cui i contenuti dovessero riguardare dei crimini, vicende giudiziarie o condanne ancora in corso, la decisione se rimuovere o meno un contenuto diventa più complicata.
I Provvedimenti del Garante della Privacy italiano
A tal proposito oggi vi parleremo di 2 recenti provvedimenti emessi dal Garante Privacy italiano.
Provvedimento n. 9897822 del 13 aprile 2023
La vicenda di questo provvedimento emesso dal Garante nasce in data 11 novembre 2021 quando un cittadino si è visto rifiutare la sua richiesta di rimozione di informazioni personali da internet, da parte del motore di ricerca Google. In particolare, l’interessato aveva chiesto la cancellazione di 99 URL da ricerca Google, in associazione al proprio nominativo e riguardanti la notizia del suo arresto nell’ottobre del 2019, quale misura cautelare disposta nel contesto di un’indagine riguardante presunti atti corruttivi coinvolgenti magistrati tributari.
Secondo il reclamante gli articoli non sono stati aggiornati con gli sviluppi che ha avuto l’iter giudiziario e gli utenti della rete, navigando su Google, potrebbero erroneamente pensare che sia ancora sottoposto a misura cautelare. Il motore di ricerca, invece, in una nota ha dichiarato quanto segue:
- 4 dei 99 URL sono duplicati, pertanto la richiesta di rimozione è relativa a 95 URL;
- Gli URL indicati dal n. 1 al n. 23 non possono essere deindicizzati in quanto non associati al nominativo del reclamante;
- Per i restanti URL non è possibile accogliere la richiesta di rimozione in quanto trattasi di articoli di recente pubblicazione (2019), elemento questo che, unitamente alla gravità del reato ascrittogli, induce a ritenere sussistente un interesse generale alla reperibilità della notizia; gli URL infatti riportano informazioni relative ad un procedimento penale ancora in corso.
Il Garante Privacy, analizzando la documentazione ed i relativi sviluppi della vicenda, ha constatato che non può essere venuto meno l’interesse pubblico alla conoscibilità della vicenda, sia per un discorso legato al fattore temporale che in merito all’attuale carica pubblica ricoperta dall’interessato. Per queste motivazioni il reclamo è stato ritenuto infondato.
Provvedimento n. 9895535 del 27 aprile 2023
In questo ultimo provvedimento, invece, due cittadini hanno chiesto sia a Google che a Bing di cancellare informazioni personali da internet ed in particolare alcuni URL collegati ad articoli nei quali vengono riportate informazioni relative ad una vicenda giudiziaria nella quale i medesimi sono stati coinvolti con riferimento alla contestata bancarotta fraudolenta di società a loro riconducibili.
Secondo gli interessati gli articoli fanno riferimento a delle indagini ormai chiuse da anni e, considerando anche che sarebbe emerso che nessun importo è stato incassato, si tratta di notizie superate od oggettivamente non più sussistenti, motivo per cui è stato richiesto il diritto all’oblio. A seguito della richiesta Bing rispose di averla accolta e di aver provveduto alla rimozione manuale di tutti gli URL.
Secondo Google, invece, gli interessati non hanno fornito alcuna informazione in merito alla conclusione del relativo procedimento, ma hanno anzi confermato di essere stati arrestati. Inoltre, sempre secondo il motore di ricerca, il procedimento penale sarebbe tuttora pendente. Il Garante Privacy, in questo secondo provvedimento che stiamo analizzando, ha rilevato che, alla luce delle circostanze sopra esposte, deve ritenersi tuttora sussistente l’interesse della collettività a conoscere le vicende, motivo per cui il reclamo è stato ritenuto infondato.