Riforma Copyright UE 2018 2019: Regolamento Europeo

Negli ultimi mesi il panorama europeo in materia di Diritti sul web si è arricchito di nuove ed importanti componenti: innanzitutto si registra la diretta applicabilità, sul territorio di tutti gli Stati membri, del nuovo Regolamento UE/679/2016 (meglio conosciuto come G.D.P.R., General Data Protection Regulation) in materia di protezione dati sul web e Diritto all’oblio, che dal 25 maggio appena trascorso ha modificato – e quindi armonizzato – la disciplina UE sui diritti connessi alla Privacy e alla reputazione personale dei singoli utenti. Questa avanzata innovativa, in realtà, doveva concludersi con l’approvazione di un ulteriore testo legislativo, redatto sotto forma di Direttiva ai sensi dell’art. 288 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea), che prevedesse una radicale riforma del sistema previsto in materia di Copyright e, soprattutto, delle sue applicazioni a livello web. La nuova Direttiva mirava alla costruzione di un Mercato Unico in materia di Copyright (riprendendo così la definizione già utilizzata per l’abolizione delle barriere commerciali all’interno dell’Unione), così da poter armonizzare le diverse discipline nazionali e garantire maggiori protezioni e garanzie agli utenti e – in particolar modo – agli autori, le cui opere dell’ingegno vagano per la rete.

Tuttavia, le numerose problematiche connesse al suo contenuto hanno portato alla bocciatura del suo testo in seno al Parlamento Europeo; tutto è quindi rinviato a Settembre.

Una delle maggiori criticità riscontrate nel testo portato alla votazione del Parlamento è stata quella della estrema genericità delle previsioni in essa contenute: in realtà, la Direttiva è ex se generica, dovendo essa dare delle prescrizioni generali circa gli indirizzi da perseguire: è compito esclusivo degli Stati membri infatti quello di prevedere la materiale applicazione delle sue prescrizioni, risultando essi vincolati all’obiettivo comune da raggiungere. A ciò si aggiunga l’annosa questione dei rapporti tra editori e grandi piattaforme online (ad es. Motori di ricerca e social networks), ove i primi contestano ai secondi di utilizzare frame dei loro articoli in violazione del diritto d’autore sulla propria opera intellettuale – articoli di giornale, dossier, rubriche giornalistiche e simili.

Fermo restando le possibili modifiche al testo non approvato, il tanto contestato articolo 11 della Direttiva Copyright prevede che ogni Stato membro debba assicurarsi che gli editori di testate online – o in generale di siti che producano notizie di stampo giornalistico – ricevano una “consona ed equa remunerazioneper l’uso dei loro materiali da parte dei “fornitori di servizi nella società dell’informazione”, cioè da parte delle piattaforme di cui sopra; in realtà tale articolo è stato già modificato, fino ad escludere che i singoli privati che riproducano tali notizie debbano corrispondere il tanto criticato compenso. I proprietari del copyright sono altrimenti interessati a cancellare Risultati di Ricerca Google che violano il diritto d’autore.

Fortemente voluta dagli editori, questa norma è stata oggetto di feroci critiche da parte delle rinomate piattaforme: è di pochi giorni fa la notizia dell’oscuramento di Wikipedia Italia come segno di protesta, effettuata dalla famosa piattaforma online il giorno prima della tanto temuta votazione. In attesa della prossima votazione, l’auspicio è che si riesca a trovare un reale compromesso tra le esigenze della stampa – settore in gravissima crisi – e quelle della rete, sì da permettere alle stesse una pacifica convivenza.

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