Riforma Cartabia e Diritto all’Oblio: cosa cambia

La riforma della Giustizia Penale firmata dal Ministro Marta Cartabia tocca da vicino anche il web, con particolare riferimento al diritto all’oblio. Infatti, con la nuova legge sulla Giustizia, non ci saranno più indagati “a vita” in rete, perché tutte le notizie in riferimento ai processi penali subiti da persone poi prosciolte e riconosciute innocenti, dovranno essere completamente soppresse da Google e da tutti i motori di ricerca. Una novità legata, dunque, al come procedere per cancellare notizie dai motori di ricerca.

In realtà, i contenuti dei siti che avevano pubblicato la notizia del procedimento o dell’indagine a carico dell’imputato poi prosciolto non saranno cancellati, ma “deindicizzati”. Tuttavia, gli effetti e i risultati saranno identici. Infatti, attraverso la pratica della deindicizzazione, non sarà più possibile reperire informazioni sulla persona di cui si effettua la ricerca. In questo modo, il diritto all’oblio di persone coinvolte in vicende giudiziarie di diversa natura e poi prosciolte è totalmente salvaguardato. Il diritto alla privacy conosce, così, un’estensione importante, ma potrebbe entrare in contrasto con il diritto di cronaca. Quest’ultimo, infatti, prevede che la notizie restino a disposizione anche in rete, seppur a distanza di tempo, soprattutto se si tratta di eventi di particolare interesse pubblico. In particolare, il diritto all’oblio rappresenta una fondamentale declinazione del diritto alla riservatezza, diritto imprescindibile per ciascun essere umano. Il diritto all’oblio, infatti, sancisce che, una persona coinvolta in una vicenda giudiziaria diffusa sulla stampa e sul web, ha il diritto “ad essere dimenticato” dopo un periodo di tempo, quando la notizia è diventata obsoleta e non ha più il carattere dell’attualità. Inoltre, se la notizia presenta inesattezze o elementi falsi, deve essere obbligatoriamente rettificata. Questo principio deve essere applicato anche se le news sono passate e nel momento in cui la persona coinvolta nel procedimento viene assolta definitivamente. Pertanto, ogni utente può esercitare il diritto all’oblio, chiedendo la rimozione delle informazioni sbagliate o superate sul suo conto.

In particolare, l’eliminazione di questi contenuti viene effettuata dalla testata, dal sito che l’ha pubblicata, da Google o dagli altri motori di ricerca coinvolti che, indicizzando la notizia, l’hanno resa disponibile per tutti gli utenti. La richiesta di soppressione, però, deve essere avanzata direttamente dall’interessato. L’emendamento, presente nella riforma Cartabia ed approvato dalla Commissione Giustizia, sancisce che le persone coinvolte in un procedimento potranno fare richiesta e ottenere la deindicizzazione dei propri dati sul web, in seguito ad una pronuncia favorevole. Pertanto, l’accadimento resterà, ma non sarà più reperibile sul Web perché, qualsiasi utente che procederà con la ricerca dei dati del soggetto interessato, non troverà più nulla, neanche sulla vicenda giudiziaria accaduta. Questo particolare emendamento agisce su una norma propria del Codice di Procedura Penale, che riguarda le comunicazioni delle sentenze, evidenziando come “i decreti di archiviazione, le sentenze di non luogo a procedere e le sentenze di assoluzione vengano comunicati al Garante per la protezione dei dati personali e costituiscano titolo per l’emissione senza indugio di un provvedimento di deindicizzazione dalla rete Internet dei contenuti relativi al procedimento penale contenenti i dati personali degli indagati o imputati”. La richiesta di deindicizzazione dei contenuti da Google o dagli altri motori di ricerca potrà essere avanzata non appena la riforma sarà definitivamente approvata, in seguito: ad un decreto di archiviazione, predisposto dal giudice delle indagini preliminari, dietro richiesta del pubblico ministero, perché accertata l’infondatezza della notizia di reato; ad una sentenza di non luogo a procedere, stabilita al termine di un’udienza preliminare, che determina l’infondatezza dell’accusa prima di iniziare il dibattimento; una sentenza di assoluzione, pronunciata al termine di un processo penale, quando si dimostra “che il fatto non  sussiste, non costituisce reato o l’imputato non lo ha commesso”.

 

 

 

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