Quando Google Deve Cancellare Notizie di Indagini Penali dalle Ricerche

A partire dalla sentenza straordinaria del 13 maggio 2014, data del famoso caso Google Spain contro lo spagnolo Mario Costeja González e l’Agencia Española de Protección de Datos (AEPD), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che gli utenti hanno il diritto di richiedere ai motori di ricerca di rimuovere determinati risultati che riguardano la loro persona e sono ritenuti offensivi, irrispettosi, inappropriati, irrilevanti o non più rilevanti. 

Diritto alla cancellazione

Un paio di mesi dopo questa sentenza, infatti, Google è stato invitato per la prima volta dalle autorità nazionali della privacy e della protezione dei dati a partecipare ad una riunione organizzata dal Gruppo di Lavoro Article 29 Working Party, per discutere delle opportunità di implementazioni di questa sentenza. Da allora, nacque quello che oggi definiamo come diritto all’oblio o diritto alla cancellazione e furono nella stessa occasione definite le varie modalità con cui è possibile effettuare una richiesta di rimozione contenuti, gli strumenti che devono essere utilizzati per tali segnalazioni, in quali casi vengono accettate o meno le richieste e le tipologie di informazioni personali che possono essere oggetto di tali richieste.

Richieste che, infatti, non sempre vengono accettate e vengono analizzate sulla base di diversi criteri stabiliti sia dal Regolamento Europeo e dal Codice in materia di protezione dei dati personali, che dal Garante della Privacy. È quest’ultima autorità infatti che, in particolare, può confermare o contrastare le singole decisioni prese dal team di Google LLC in merito alle richieste di rimozione contenuti dal sopra citato motore di ricerca, come nel caso del Provvedimento del 15 ottobre 2020 n° 9491078. In questa sede, infatti, il prof. Pasquale Stanzione, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, Agostino Ghiglia, Guido Scorza e Claudio Filippi hanno di comune accordo smentito la decisione presa dal team di Google LLC ed hanno ritenuto fondato il reclamo mosso dall’interessato riguardo la segnalazione a Google.

Questo provvedimento vede coinvolto infatti un interessato che il giorno 8 luglio 2019 aveva chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al suo nome, di alcuni URL; questi URL erano collegati a pagina contenenti notizie personali riferite ad indagini penali risalenti al 2013 e relative a presunte irregolarità amministrative nella percezione di finanziamenti pubblici da parte di imprese gestite da soggetti diversi; il diretto interessato, però, era rimasto estraneo a queste irregolarità, come confermato dal casellario giudiziale e da quello dei carichi pendenti prodotti in allegato all’atto introduttivo. Quindi la permanenza online di notizie tra l’altro non attualizzate, né contestualizzate e che pertanto risultavano lesive della propria reputazione online e del proprio diritto alla riservatezza, non era del tutto giustificato. Inoltre, egli affermava come egli fosse mai stato sottoposto ad alcuna indagine penale connessa ai fatti riportati, quindi il suo nome appariva solo perché lavorava nella società collegata con i soggetti coinvolti.

Alla richiesta di rimuovere quindi gli URL relativi a queste notizie, che continuavano in modo ormai inopportuno a ledere la sua reputazione online, Google LLC ha però rifiutato, affermando come gli URL oggetto di richiesta fossero troppo recenti per essere rimossi e, in particolare i primi due, contenessero informazioni effettivamente riguardanti l’interessato, in qualità di gestore di società avente rapporti commerciali con il soggetto indagato. Per fortuna dell’interessato, il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha però deciso di ribaltare questa decisione e dichiarare il suo reclamo fondato, quindi di ingiungere a Google la rimozione entro 20 giorni dei suddetti contenuti.

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