Il Garante per la Protezione dei Dati Personali (G.P.D.P.) nella riunione tenuta in data 30 aprile 2020 si è espresso nel merito avverso un reclamo avente ad oggetto la richiesta di rimozione – ai sensi dell’art. 77 del Regolamento UE nr. 679/2016 rivolta a Google LLC ed a Microsoft Corporation, nelle loro rispettive qualità di gestori dei motori di ricerca Google e Bing – dai risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo del richiedente, di alcuni URL collegati ad articoli contenenti notizie relative ad una vicenda giudiziaria nella quale è stato coinvolto, conclusasi nel 2017 con una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti – della quale non è fatta menzione nel certificato del casellario giudiziale, come dimostrato dalla documentazione prodotta unitamente all’atto introduttivo del procedimento – e con la contestuale concessione del beneficio della sospensione condizionale della stessa pena. L’interessato lamentava in particolare il grave pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale relativamente dalla perdurante reperibilità in rete di informazioni obsolete ed inesatte in quanto non aggiornate con gli effettivi sviluppi della vicenda giudiziaria e pertanto da ritenersi non rispondenti all’interesse pubblico, contrariamente alle garanzie preposte dal Regolamento proprio al trattamento dei dati giudiziari.
In Nota del 05 luglio 2019 l’Autorità ha chiesto ai titolari del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo e di comunicare le proprie eventuali intenzioni di aderire alle richieste del reclamante. Microsoft Corporation con Nota del 30 agosto 2019 comunicava di aver aderito alle richieste del reclamante provvedendo alla cancellazione degli URL pregiudizievoli indicati dai risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo del medesimo tramite il motore di ricerca “Bing” gestito dalla società; Google LLC con Nota del 25 luglio 2019 comunicava quanto segue: con riguardo all’URL https://…, di aver adottato misure manuali atte ad impedire il posizionamento della pagina in corrispondenza del nome dell’interessato; che gli URL elencati nelle pagine 8, 9 e 10 del riscontro “non vengono attualmente restituiti dai risultati di ricerca di Google Web Search associati al nome del reclamante” e di non poter pertanto adottare alcuna misura in merito; di non poter aderire alla richiesta dell’interessato con riguardo ai restanti URL, trattandosi di informazioni di cronaca giudiziaria ancora molto recenti, in quanto tratte da notizie pubblicate negli anni 2017 e 2018; che, per tale vicenda, il reclamante è stato “indagato ed accusato di corruzione patteggiando, infine, una condanna per la pena a 1 anno e 8 mesi di reclusione”; che, pertanto, non possono ravvisarsi gli estremi per l’esercizio del diritto all’oblio dovendosi ritenere tuttora sussistente l’interesse del pubblico a conoscere della vicenda.
L’interessato preso atto delle Note dei Titolari del trattamento affermava che la reperibilità in rete delle informazioni inesatte dei propri dati personali nonché produce un impatto sproporzionato sui suoi diritti, soprattutto a quello all’oblio, che non appare bilanciato dalla sussistenza di un interesse pubblico attuale ad averne conoscenza, considerando altresì che tale diffusione vanifica i benefici di legge concessi dal giudice in sentenza, con particolare riguardo a quello relativo alla non menzione del provvedimento nel certificato del casellario giudiziale. Ai sensi dell’art. 57 par. 1, lett. f), del Regolamento, Il Garante prende atto di quanto comunicato da Microsoft Corporation in ordine all’avvenuta rimozione degli URL oggetto di richiesta in quanto reperibili in associazione al nominativo dell’interessato tramite il motore di ricerca “Bing”, nonché di quanto dichiarato da Google LLC in ordine alle misure adottate con riguardo all’URL https://…, nonché all’attuale non reperibilità, in associazione al nominativo del medesimo, di quelli indicati alle pagg. 8, 9 e 10 del riscontro fornito dalla società e pertanto ritiene che non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità; dichiara il reclamo fondato nei confronti di Google LLC con riguardo alla richiesta di rimozione dei restanti URL indicati nell’atto introduttivo del procedimento e, per l’effetto, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, ingiunge alla medesima società di rimuovere gli stessi quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento. Ai sensi dell’art. 157 del Codice, si invita Google LLC a comunicare, entro trenta giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto ivi prescritto. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta di cui sopra è punito con la sanzione amministrativa di cui all’art. 166 del Codice. Per leggere il provvedimento completo clicca qui.