Al giorno d’oggi, Facebook può essere considerato come il mezzo più potente al mondo per la divulgazione e la condivisione di contenuti e foto. Nonostante la possibilità che ogni utente ha di impostare nel proprio profilo la privacy e quindi la visibilità dei suoi “post”, come spiega il Garante della Privacy, su Facebook non esiste mai una totale “intimità”. Infatti, in ragione di ciò, il Garante spiega che i post su Facebook non sono mai realmente riservati ai soli “amici”, anche nel caso in cui questi fossero pubblicati in un profilo privato. In particolare ciò riguarda un caso che vede coinvolto un nucleo familiare, avvenuto lo scorso febbraio 2017. Il caso ha come soggetti principali della vicenda una coppia di genitori separati e in particolar modo emerge soprattutto il ruolo della mamma che ha avuto nella vicenda. Il caso dichiara che la donna, all’interno del suo profilo Facebook, mostrava foto e contenuti riguardanti la figlia minorenne. E’ stato il padre della minorenne ad appellarsi al Garante della Privacy, il cui intervento è stato cruciale per la rimozione dalla pagina della donna genitrice.
Come riporta il Garante della Privacy non esiste un profilo Facebook totalmente “chiuso”, ovvero non esiste una piena riservatezza dei propri dati, poiché un profilo Facebook non ha un’accessibilità ristretta ai soli amici, ma può essere raggiunto facilmente da qualsiasi profilo, anche se non è presente tra i propri contatti. Questo avviene,come spiga il Garante, perché è uno “strumento” modificabile attraverso pochi click, che infatti consentono di passare istantaneamente da profilo pubblico a privato, e viceversa. Inoltre, cosa ancora più importante, è essere coscienti del fatto che Facebook consente agli amici stessi di poter “ri-postare” un contenuto e quindi di poterlo divulgare nuovamente presso altri profili. Tale aspetto spiega la potenza,o meglio l’impotenza di poter trattenere i propri dati solo all’interno del proprio profilo. Ecco perché il Garante della Privacy è intervenuto immediatamente sul caso sopra citato, accusando la madre di aver pubblicato sul profilo personale i dati identificativi della figlia minorenne, i quali solo parzialmente risultano oscurati. All’interno del profilo risultava inoltre che ci fossero dettagli delicati – anche inerenti alla sfera sessuale – relativi al vissuto familiare e ai disagi personali vissuti dalla bambina. In merito a ciò, l’articolo 734-bis c.p in materia di “Divulgazione delle generalità o dell’immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale” dichiara il divieto di qualsiasi tipo di pubblicazione “con qualsiasi mezzo” e il divieto – cui soggiace “chiunque”- di diffusione dei dati idonei a rendere comunque identificabili, anche in via indiretta, i minori coinvolti e le parti di procedimenti in materia di famiglia (art. 52, c. 5 del Codice). In tal senso, il Garante su segnalazione dell’ex marito, nonché padre della minorenne, ha imposto alla Signora di rimuovere dal proprio profilo la rimozione delle suddette delibere: la cessazione degli effetti civili del matrimonio, in cui erano riportati delicati aspetti di vita familiare che riguardavano anche la figlia minorenne, e l’estrema pervasività della divulgazione su Internet che danneggiava notevolmente la violazione di diritti della persona, soprattutto perché riguardante una minorenne.