Gli Stati Uniti d’America controllano Internet grazie all’amministrazione dell’ICANN, l’organismo internazionale che regola l’assegnazione dei nomi a dominio, oggi alle dipendenze degli enti federali americani. Quando, mesi addietro, il Governo Obama aveva proposto l’indipendenza dell’ICANN attraverso una cessione del controllo ai privati, l’allora candidato alla Casa Bianca Donald Trump aveva lanciato l’allarme: così facendo, potenze straniere come Cina e Russia, “che hanno una lunga tradizione di tentativi di imporre censure online”, avrebbero potuto mettere le mani sull’ICANN e aggredire la libertà di Internet, finora difesa dagli USA. Prima e dopo la recente vittoria delle elezioni, Donald Trump si è espresso pubblicamente a favore del rafforzamento del potere di controllo su Internet da parte degli Stati Uniti, attraverso una politica di difesa (“cyber defense”) e attacco (“cyber offense”). Nulla di nuovo, se considerato nella propaganda del “diventeremo più forti di prima” attuata da Trump negli ultimi mesi.
Ciò che però ha destato l’interesse di diversi giornalisti e studiosi del settore della sicurezza informatica, è la voce “Develop a comprehensive USG cyber strategy” presente nella lista delle priorità del Governo Trump 2017, diffusa prima delle vacanze di Natale e salita agli onori delle cronache più per la notizia dell’esclusione della Russia che non per altro. Si legge sui giornali, che sviluppare una nuova “cyber strategy” governativa (USG è l’acronimo militare di United States Government, lo si utilizza per indicare l’amministrazione federale del Governo a livello esecutivo, legislativo e giudiziario, nei confronti di qualcosa) significa per Donald Trump prendere posizione nei confronti di Internet e della sicurezza informatica, nei temi che riguardano la lotta all’ISIS, lo sviluppo digitale, la protezione dei dati e il mantenimento del ruolo degli Stati Uniti come Paese leader nella “cyber offense” e nella “cyber defense” di cui sopra.
Donald Trump ha più volte definito obsoleto il mondo della cyber security americana, basti pensare, tra gli ultimi scandali, i casi della “emaillgate” che ha travolto Hillary Clinton o il sempre crescente numero di attacchi informatici alle reti americane, in occasione delle ultime elezioni. Anche le grandi compagnie di Internet, come Yahoo!, sono state vittime di attacchi informatici dannosi per i loro capitali.
La cyber security tocca da vicino anche i temi della privacy e dell’Internet of Things e, più in generale, quello degli aspetti legali di Internet in America. Donald Trump infatti intende costruire un muro virtuale (“virtual wall”), fatto di sensori, telecamere e altre tecnologie, per prevenire i flussi illegali di immigrati e tenere traccia di chi abbandona gli Stati Uniti. Questo, comporterebbe nuovi dibattiti sulla violazione della privacy e sul trattamento dei dati personali da parte del Governo e dei suoi organi militari. Per quanto riguarda l’Internet of Things, invece, Donald Trump dovrà affrontare la gestione di una nuova politica di sviluppo per hardware, software e traffico dati riguardanti l’economia dell’Internet of Things. Gli americani si aspettano di vivere in un Paese sempre più innovativo, e reputano la connessione a Internet uno dei fattori di crescita dei prossimi anni.
In ambito militare la sicurezza informatica è in lista alle priorità del nuovo Governo Trump, il quale ha dichiarato spesso che la capacità di difendersi e rispondere con le “cyberweapons” agli attacchi informatici verso gli Stati Uniti, deve essere migliorata. Non che oggi gli Stati Uniti rischiano di perdere l’egemonia di superpotenza informatica nei confronti di Russia o Cina, ma da parte del Presidente entrante Donald Trump pare ci siano grosse intenzioni di rinforzare questo potere, con nuove politiche di centralizzazione e controllo. In attesa di conoscere le risposte reali che il Governo Trump darà a chi si aspetta un futuro di Internet sempre più sicuro e protetto, in giro si leggono soltanto congetture, perlopiù di carattere positivo, anche se lo stesso Trump, settimane addietro, aveva “impaurito” i mercati e le legislature digitali pronunciando diverse idee decisamente restrittive per il mantenimento generale dello stato delle cose su Internet. Si trattavano, però, di semplici “sparate” come “chiudere Internet ai musulmani” e “no al poker online”, già dimenticate nelle nuove agende della cyber security a stelle e strisce, decisamente di carattere più “militare” e meno pedagogiche di quelle a cui eravamo abituati.