Google: multa da 7 milioni per violazione Gdpr

Una multa da oltre 7 milioni di euro, 75 milioni di corone svedesi per la precisione. E’ quella comminata in Svezia dal­­ Datainspektionen, il Garante privacy svedese. (DPA) a Google, per mancato rispetto del Gdpr in merito alla cancellazione informazioni personali. Nello specifico il motore di ricerca non avrebbe fatto quanto previsto dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati in materia di diritto all’oblio su internet. Google, dunque, non ha fatto quanto prescritto dal regolamento per i motori di ricerca in merito alla cancellazione di notizie e alla rimozione di informazioni personali. I fatti risalgono al 2017, quando l’Autority svedese per la privacy (DPA) ha portato avanti un audit sul modo in cui il colosso di Mountain View gestisce i dati personali, i nomi delle persone che compaiono nei motori di ricerca, e le richieste di cancellazione degli stessi dalla ricerca di Google. Nel corso dell’indagine portata avanti dal Garante svedese è emerso che una serie di nomi e di informazioni personali andavano rimosse. L’ordine di cancellare le notizie è arrivato, così, al motore di ricerca.

La richiesta di cancellare notizie da Google e, dunque, mettere in pratica il diritto all’oblio su internet previsto dal Gdpr, non è stata portata a termine correttamente e completamente dal motore di ricerca. Questo quanto emerso da una successiva verifica fatta dal Garante svedese che, nel 2018, ha deciso di avviare un audit di follow-up sulla vicenda per capire se fosse il caso di emettere una sanzione ai danni del motore di ricerca. “Cancellare notizie da Google, mettere in pratica il diritto all’oblio su internet, sono tutte prescrizioni incluse nel Gdpr che ha alzato l’asticella e aumentato il livello di responsabilità di organizzazioni, aziende e società che raccolgono ed elaborano dati personali. Tra i diritti dei singoli è stato incluso proprio il diritto all’oblio, e la cancellazione di notizie e informazioni personali dai motori di ricerca. – ha ricordato Lena Lindgren Schelin, direttore generale del DPA – Abbiamo scoperto che Google non sta rispettando pienamente i propri obblighi in merito al diritto alla protezione dei dati”.

Nello specifico Google non aveva rimosso correttamente due elenchi di dati personali che comparivano nei risultati della ricerca, e dunque non aveva eseguito la richiesta arrivata nel 2017 dall’Autorithy svedese per la privacy. Nel primo caso Google ha ristretto il campo degli indirizzi web che dovevano essere rimossi. Nel secondo elenco, invece, Google non ha cancellato notizie e dati personali nel tempo stabilito. Una volta rimossi i risultati di una ricerca, Google è solito avvisare il sito web cui punta quel collegamento, e indicare al proprietario di quel dominio che la pagina web è stata rimossa dai motori di ricerca dopo una richiesta di cancellazione. Questa procedura consente al proprietario del sito in questione di pubblicare nuovamente la pagina, affinché venga nuovamente “indicizzata” e successivamente visualizzata sul motore di ricerca attraverso un nuovo collegamento. Una modalità, quella operata da Google, che “di fatto rende inefficace il diritto all’oblio dell’individuo”, ha spiegato Olle Pettersson, consulente legale della DPA. Il motore di ricerca “invia queste informazioni ai proprietari dei siti, senza nessun tipo di fondamento legale, attraverso indicazioni fuorvianti e non corrette”, ha aggiunto Pettersson.

Va ricordato che con la sentenza del 13 maggio 2014 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito l’importanza del diritto all’oblio, spiegando che cittadini europei hanno il diritto di richiedere la rimozione di informazioni dai motori di ricerca se queste sono “non adatte, irrilevanti o non più rilevanti”. Il Gdpr, invece, affronta la questione del diritto all’oblio all’articolo 17, prescrivendo che “l’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali”.

Dopo la multa da 7 milioni di euro Google può presentare ricorso contro la decisione del Garante svedese entro tre settimane, prima che la decisione e l’ammenda diventino definitive e, dunque, esecutive.