Giurisprudenza, il Diritto all’Oblio nel 2017

In queste settimane si trovano diverse notizie sulle novità 2017 del Garante della Privacy, concernenti il trattamento dei dati personali e le nuove disposizioni sul diritto all’oblio sui motori di ricerca. Ci sentiamo di intervenire in materia, perché riteniamo inopportuno definire “novità sul diritto all’oblio” ciò che in realtà è stato semplicemente scritto dalla giurisprudenza. Pare, infatti, che i giornali stessero affermando che il Garante dei Dati da anno nuovo negherà il Diritto all’Oblio a nuove categorie di persone, quali i liberi professionisti, i personaggi pubblici e i criminali, ovvero coloro che si sono macchiati di reati gravi di carattere penale. In realtà, questa affermazione proviene da un paio di recenti casi giudiziari, nei quali il Garante ha respinto le richieste di rimozione dei dati personali da Internet pervenute da parte di un personaggio politico e da parte di un cittadino che aveva commesso reati di truffa e corruzione.

Prima di ogni cosa, va chiarito che il primo e unico giudice che stabilisce chi abbia diritto all’oblio dei propri dati personali sui motori di ricerca, è Google. Google interviene senza l’appello del Garante dei Dati. Esiste un Comitato Consultivo per il Diritto all’Oblio formato da 10 persone (Luciano Floridi, Sylvie Kauffmann, Lidia Kolucka-Zuk, Frank La Rue, José-Luis Pinar, Sabine Leutheusser Scharrenberger, Peggy Valcke, Jimmi Wales, Eric Schmidt e David Drummond), che si occupa di esaminare le opinioni di altre decine di esperti riuniti in tutta Europa, affinché Google potesse prendere decisioni in merito alle singole richieste.

Ecco dunque come funziona il Diritto all’Oblio: non c’è una formula o un indice che regolarizza le richieste, ma bensì un Comitato che valuta ogni singola richiesta con il supporto di esperti dei diritti dei cittadini e diritti del pubblico di accedere all’informazione. Google dunque si è adeguato alla sentenza del mese di Maggio 2014 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, mettendo a disposizione un vero e proprio staff dedicato. Google opera in piena autonomia dal Garante dei Dati: ogni richiesta può essere accettata o respinta da Google stesso, che nel giro di poche ore dal momento in cui invia la risposta, elimina le URL dal motore di ricerca e soddisfa la domanda presentata dall’utente. Il fatto che, dietro le richieste di Diritto all’Oblio, ci siano specialisti in legge e informazione digitale, avvalora la necessità di avvalersi di un avvocato per presentare la richiesta, la quale deve essere esaustiva, redatta correttamente e corredata della documentazione legale da far interpretare a chi esamina la richiesta.

Eppure, in occasione dell’incontro pubblico tra Google e il Parlamento Europeo del 4 Novembre 2016, il vice-presidente di Google David Drummond ha detto chiaramente che Google si trova in difficoltà nell’esaminare alcune richieste, e che “gradirebbe ricevere delle linee guida per orientare le nostre risposte” alle domande più insidiose. La risposta dei suoi interlocutori è stata che l’Europa intende “mettere a posto la giurisprudenza e promuovere un maggiore utilizzo dei Tribunali a discapito dell’arbitrarietà delle decisioni”. Per Drummond, il Diritto all’Oblio è qualcosa che non piace a Google, ma al quale Google stesso ha dovuto adeguarsi, rispettando la decisione della Corte; nonostante questo, e nonostante la presenza di un Comitato Consultivo dedicato, Google si sente abbandonato alle proprie sorti e gradirebbe avere ulteriore supporto da parte di Bruxelles. I recenti casi di diritti all’oblio vedono scrivere una giurisprudenza sempre più a favore dell’interesse pubblico ad accedere alle informazioni sui motori di ricerca, a discapito del diritto del cittadino a chiedere la rimozione dei propri dati dal web.

Il Diritto all’Oblio su Internet non prevede che ciascuno abbia diritto a far rimuovere i propri dati, bensì prevede che ciascuno abbia diritto a effettuare una richiesta di rimozione e a ricevere una risposta motivata, sia essa di carattere positivo che di carattere negativo. Qui, torniamo alla questione del Garante dei Dati. Quando Google respinge una richiesta di rimozione dei risultati di ricerca ai sensi della legislazione europea, egli di fatto “passa la palla” al Garante dei Dati, affinché si istituisca come Giudice della richiesta. Ed è esattamente ciò che sta facendo: giunti nel 2017, chi ha Diritto alla cancellazione del proprio nome dal motore di ricerca dovrà aspettarsi un giudizio da parte del Garante dei Dati, e in questo senso il lavoro dei consulenti legali sarà sempre più di carattere specialistico. Insomma, il Diritto all’Oblio “fai da te” andrà diminuendo e ogni caso potrebbe finire in un’aula di Tribunale, a discapito dei cittadini che presentano la domanda, visto che Google solitamente risponde in poche settimane mentre per chiudere una azione legale con il Garante dei Dati potrebbero occorrere mesi o addirittura anni. Il consiglio di Cyber Lex fa eco a quello di Google: contattare il Webmaster del sito che ospita il dato personale da rimuovere e vedersela con lui. Sempre con l’aiuto di un avvocato.

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