La garanzia che ogni cittadino “dovrebbe avere” in merito alla non divulgazione di precedenti pregiudizievoli per la sua reputazione è chiamato diritto all’oblio. Tecnicamente, parliamo del diritto di non rimanere esposto a tempo indeterminato alle conseguenze dannose che possono rivelarsi in una condanna, in merito a reato commessi in passato o in alcune vicende dove si è rimasti coinvolti e che sono divenute oggetto di cronaca.
In molti lo definiscono il diritto “ad essere dimenticati”, salvo nei casi in cui il precedente per il quale è stata rimozione contenuti obsoleti Google torni nuovamente ad essere di interesse per la collettività. Oggi vediamo insieme qualche approfondimento giuridico in merito al diritto all’oblio.
Come viene regolamentato il diritto all’oblio con il GDPR
Il diritto all’oblio è stato regolamentato a livello comunitario, per la prima volta, il 25 maggio 2016 quando entrò in vigore il regolamento GDPR. Grazie a questo regolamento è stato sancito il diritto, per ogni cittadino, di ottenere la cancellazione dei propri dati personali dal titolare del trattamento, senza ingiustificato ritardo. Al tempo stesso, il titolare del trattamento ha l’obbligo di rimuovere la notizia dal web contenente i dati personali dell’interessato.
Ci sono, però, dei casi in cui viene meno quest’obbligo. Pensiamo, ad esempio, ai casi in cui la diffusione di tali dati sia necessaria per esercitare il diritto d’informazione e di espressione o, in alternativa, quando la notizia riguarda un cittadino che svolge un ruolo pubblico all’interno della società o, ancora, se la notizia è di pubblico interesse.
Come si pone la Corte UE rispetto al diritto all’oblio
Con l’entrata in vigore del GDPR, il diritto all’oblio ha cominciato ad affermarsi anche a livello europeo. La prima autorità a riconoscerlo è stata la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, attraverso la sentenza C-131 del 2012. In questa sentenza, in base a quanto stabilito dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, è stato affermato che ogni interessato può richiedere che una determinata informazione sul web non venga più messa a disposizione degli utenti di internet.
Il diritto all’oblio, ovvero il diritto di un singolo cittadino prevale rispetto a quello della collettività ad essere informata soltanto nel caso in cui è venuto meno l’interesse pubblico. La decisione della Corte di Giustizia europea ha fatto da eco anche e soprattutto nel nostro Paese dove, con la sentenza numero 23771/2015 emessa dal Tribunale di Roma il 3 dicembre 2015, è stato precisato che il diritto all’oblio non è altro che un’espressione del “diritto alla riservatezza”, che vede riconosciuto al soggetto il diritto di eliminare notizie da Internet.