Il diritto all’oblio è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 17 del Regolamento (UE) nr. 679/2016 in merito alla protezione dei dati personali ed è anche più comunemente conosciuto come GDPR. Tale diritto può essere considerato come il diritto, di ogni cittadino, ad essere dimenticato, ma non sempre può essere riconosciuto. Parliamo, ad esempio, nei casi in cui la vicenda da voler rimuovere dal web risulta essere di interesse per la collettività. A tal proposito si è espresso, di recente, il Garante Privacy attraverso il provvedimento n. 9446709.
La vicenda
Il 31 luglio 2019 un cittadino ha richiesto a Google LLC la deindicizzazione di alcuni URL collegati ad una vicenda nella quale è stato coinvolto nel 2012 e riguardante le condotte del medesimo, durante l’esercizio della propria attività, conclusa successivamente con una sanzione pecuniaria nei suoi confronti. Secondo l’interessato i contenuti presenti sul web devono essere considerati superati, soprattutto in virtù del fatto che ha corrisposto, a suo tempo, la sanzione che gli venne inflitta. Il reclamante ha anche fatto presente che il sito e la pagina Facebook ai quali sono riconducibili parte dei contenuti contestati sono inattivi da anni, motivo per cui non ha potuto contattare il webmaster, mentre un altro URL contestato sembrerebbe qualificabile come “spam” o riconducibile ad un sito non del settore che riporta casualmente la notizia. L’interessato voleva eliminare notizie da Google.
La risposta di Google LLC ed il provvedimento del Garante
Attraverso una nota del 21 ottobre 2019, Google LLC, ha comunicato all’interessato di non poter aderire alle richieste dell’interessato ritenendo ancora sussistente l’interesse pubblico. Tale decisione è stata motivata dal fatto che gli articoli reperibili dagli URL contestati descrivono come il reclamante, grazie al proprio ruolo professionale, si sia avvalso di informazioni riservate per ottenere quote importanti di società e che lo stesso venne poi condannato a saldare una sanzione di 525mila euro, oltre alla confisca di vari beni. Secondo il motore di ricerca, dal momento in cui l’interessato svolge tutt’ora la stessa attività, è da ritenersi sussistente l’interesse pubblico alla conoscibilità della vicenda. Dopo aver ricevuto il reclamo da parte dell’interessato, il Garante Privacy ha rilevato che la vicenda descritta negli articoli riguarda una grave condotta tenuta dal reclamante in connessione con l’attività professionale da lui svolta ed in relazione alla quale è stato condannato, da parte dell’organismo di vigilanza del settore in cui opera, a pagare una sanzione molto elevata. Nonostante i fatti risalgono al 2012, il Garante ha fatto presente che siano stati successivamente oggetto di un nuovo accertamento giudiziario, che ha portato alla condanna del reclamante, confermata poi nel 2019 dalla Corte di Cassazione. Dopo quanto rilevato, l’autorità Garante ha dichiarato reclamo infondato, in quanto l’interesse pubblico è tuttora sussistente, confermando pertanto la decisione presa dal motore di ricerca.