In materia di Diritto all’oblio non si ferma lo scontro tra l’Europa e il colosso dei motori di ricerca americano. Nel 2015 l’equivalente francese della nostra Autorità Garante in materia di protezione dei dati personali (CNIL, Commission Nationale de l’informatique et des Libertés“) ha affermato la necessità che i provvedimenti di rimozione, anonimizzazione e de-indicizzazione dei dati personali dei singoli utenti debbano applicarsi a tutte le versioni del motore di ricerca, e non quindi alla sola versione del paese di residenza dell’interessato. Con questo provvedimento, il Garante francese ha sostanzialmente imposto a tutti i motori di ricerca operanti sul web di rimuovere i dati personali a livello globale, non più differenziando tra domini nazionali ed internazionali.
Naturalmente la risposta del colosso di Mountain View (diretto interessato del provvedimento francese) non si è fatta attendere: con ricorso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea Google LLC, nel disperato tentativo di non creare un pericoloso precedente giurisprudenziale, ha lamentato la violazione del diritto alla libera manifestazione del pensiero di siffatto provvedimento, reo di poter costituire un valido strumento di “bavaglio” dei regimi più autoritari.
In realtà, sarebbe veramente improbabile che in un sistema fortemente incentrato sulla tutela dei diritti fondamentali – come è appunto quello dell’Unione Europea – possa seriamente configurarsi il rischio di una irreparabile compressione della libertà di parola.
La Corte di Giustizia dell’U.E. torna a pronunciarsi quindi sul Diritto all’Oblio, dopo averne coniato la prima definizione giurisprudenziale nel 2014: con la sentenza Costeja c/ Google Spain i Giudici europei hanno per la prima volta riconosciuto l’esistenza del “Diritto alla cancellazione”, da intendere quale diritto alla rimozione dei propri dati personali dalla rete qualora questi risultino obsoleti, non più rilevanti e privi di interesse pubblico alla loro conoscenza. Qualora dovesse riconoscere la validità delle ragioni del Garante francese, la Corte di Lussemburgo ammetterebbe per la prima volta l’esistenza di un diritto all’oblio assoluto, esercitabile a livello globale ogniqualvolta gli interessati ravvedano un illecito trattamento dei propri dati personali in rete, ed estendibile non solo alle versioni “nazionali” dei motori di ricerca, ma a quelle mondiali (consultabili ovunque sul globo).
In realtà ad oggi i provvedimenti delle Autorità in materia di protezione dei dati personali producono effetto solo per i domini nazionali, non potendo questi estendere anche a quelli stranieri e/o globali.
Spetterà quindi ai Giudici Europei definire i confini “territoriali” del Diritto all’oblio: nel bilanciamento di interessi da sempre in conflitto tra loro (diritto alla riservatezza dei singoli e diritto alla libera circolazione delle informazioni dei motori di ricerca) la Corte di Giustizia dell’Unione Europea dovrà decidere quale tra questi dovrà ritenersi prevalente sull’altro.
Dovrà attendersi un po’ di tempo prima che i Giudici Europei decidano sulla questione; nell’attesa, le Autorità Garanti di Francia e Germania in primis (seguite poi anche da quelle di altri Stati membri) continueranno ad estendere la portata applicativa del nuovo Regolamento UE/679/2016 in materia di Privacy (meglio conosciuto come GDPR, General Data Protection Regulation) oltre i confini nazionali.