Diritto all’Oblio: Rapporto Trasparenza Google Settembre 2017

Il 65.4% delle richieste di Diritto all’Oblio inviate a Google dall’Italia in Settembre 2017 sono state respinte. Lo dice Google nel suo rapporto per la trasparenza , consultabile online e contenente informazioni riguardanti i motivi per i quali il motore di ricerca avesse deciso o meno di cancellare le URL dai suoi risultati. Un trend in crescita per quanto riguarda le “risposte negative” da parte di Google: nel Settembre 2016 le richieste negate di cancellazione dei risultati di ricerca ai sensi delle normative sulla privacy, erano state il 64.5%.

Google ribadisce che “determinare se il contenuto è nell’interesse pubblico è complesso, e può significare considerare molti fattori diversi, inclusi – ma non limitati – se il contenuto si riferisce alla vita professionale del richiedente, ad un crimine passato, ad un ufficio politico, alla posizione pubblica o il contenuto stesso è contenuto autoritario, documenti governativi o giornalistici in natura.” All’interno del sito Internet Transparencyreport.google.com è possibile esplorare le richieste presentate da parte degli interessati, e consultare la risposta di Google e l’eventuale intervento dell’Autorità per la Protezione dei Dati Personali. Ed è proprio consultando questi esempi di diritto all’oblio nel rapporto per la trasparenza Google che possiamo inquadrare le ultime sentenze e gli orientamenti della giurisprudenza in materia di privacy su Internet. Nel caso di notizie riguardanti “reati gravi” (quali stupri, omicidi, rapine, violenze, reati fiscali, truffe), ad esempio, il Garante della Privacy dà ragione a Google ogni volta che il motore di ricerca decide di non cancellare le notizie da Internet in merito a quella vicenda. Non c’è oblio per i reati gravi: ancora prima dell’esistenza del modulo per il Diritto all’Oblio su Google, il Codice in materia di protezione dei dati personali aveva stabilito i rapporti tra privacy e attività giornalistica, individuando nel clamore mediatico e in alcune fattispecie di reati gravi una sorta di lecito sconfinamento dell’attività giornalistica, a discapito del diritto alla privacy delle persone interessate. Google sembra aver colto in pieno questi orientamenti giurisprudenziali e, come dimostrano le ultime sentenze di diritto all’oblio, gli imputati di talune fattispecie di reato non hanno diritto alla privacy.

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