Diritto all’oblio, quando non si applica sui motori di ricerca

Grazie al riconoscimento del diritto all’oblio un soggetto deve avere il diritto di vedere cancellati i propri dati personali, sui motori di ricerca, se la conservazione di questi dati non è conforme al Regolamento. Secondo Wikipedia, la più famosa enciclopedia online del mondo, “il diritto all’oblio è una particolare forma di garanzia che prevede la non diffondibilità di precedenti pregiudizievoli, per tali intendendosi propriamente i precedenti giudiziari di una persona”. Una delle condizioni su cui si basa il diritto all’oblio riguarda il contenuto della notizia, ovvero deve avere uno scarso interesse pubblico. Esistono, però, dei fatti talmente gravi per i quali non viene mai meno l’interesse pubblico e non si può ricorrere al diritto all’oblio. Pensiamo, ad esempio, ai crimini contro l’umanità o ad altri fatti che vengono riproposti proprio perché non devono essere dimenticati, ma ad altre vicende che sono diventate “Storia” come il caso Moro, Tangentopoli o l’attentato al Papa. In questi casi, i fatti non diventeranno mai “privati” e non si può, pertanto, parlare di diritto all’oblio. Togliendo i casi in cui l’interesse pubblico non è destinato ad affievolirsi, il diritto all’oblio scatta nel momento in cui, intorno ad un fatto, cessa l’interesse pubblico.

Per un soggetto che si rende protagonista di una vicenda in negativo, quel fatto acquista pienezza e diventa privato quando ormai è trascorso molto tempo ed il soggetto acquisisce il diritto alla riservatezza. Il diritto all’oblio, come abbiamo già anticipato, è subordinato al perdurare della mancanza di interesse pubblico, ma può anche accadere che, a distanza di anni, un fatto venga riproposto perché è sorto nuovamente interesse pubblico. Per fare un esempio, pensiamo a chi è stato condannato per stupro ed una volta uscito dal carcere commette un’altra violenza sessuale. In questo caso è legittima la diffusione di entrambe le notizie e la rievocazione, appunto, del vecchio reato, in quanto stimola l’opinione pubblica. Bisogna quindi saper contrapporre il diritto all’oblio con il “diritto alla storia” e fare molta attenzione quando, in sede di giurisprudenza, il diritto all’oblio è affermato come il diritto a essere dimenticati, in tutto o in parte. Non sempre è corretto cancellare dal web un’informazione corretta e veritiera, quando alla data della sua pubblicazione veniva considerata di interesse pubblico e di cronaca e tutto soltanto per l’interesse di un singolo. Su quest’ultimo interesse può contrapporsi un maggiore interesse di carattere pubblicistico. Si rivendica il diritto all’oblio, quindi, anche per cancellare notizie da internet dato che la legge Cartabia prevede che si debbano rimuovere dai motori di ricerca tutte le notizie penali i cui procedimenti sono finiti con una assoluzione, una archiviazione o una prescrizione.

 

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