La conservazione per un tempo indefinito dei dati e, allo stesso modo, l’immediata reperibilità degli stessi, rappresentano il punto di forza e la debolezza dell’era digitale. Questo è uno dei profili maggiormente delicati con cui si confronta il tema del diritto all’oblio, cioè, per le ragioni suesposte, la quasi impossibilità di obliare le colpe passate con la conseguenza di non consentire, a chi sia stato reo, di ricostruirsi una nuova identità. La riforma della giustizia promossa dal Ministro Cartabia, da cui prende la denominazione, per mezzo della rielaborazione avvenuta con gli emendamenti proposti ed approvati in sede di Commissione Giustizia del Parlamento, statuisce un iter particolarmente snello per poter richiedere la rimozione delle informazioni associate dai risultati dei motori di ricerca. A seguito dell’approvazione della riforma sarà possibile la riabilitazione dello status del reo anche sul web; circostanza che allo stato appare particolarmente complessa. Ad essere precisi, non avverrà una vera e propria cancellazione automatica, poiché diversamente non si ottempererebbe al diritto di cronaca e di informazione, il quale dispone il diritto a pubblicare tutto ciò che è collegato a fatti ed avvenimenti di interesse pubblico. La deindicizzazione ha in ogni caso il medesimo effetto pratico, vale a dire quello di impedire che una determinata informazione possa essere connessa da chi ricerca su Google, o su qualsiasi altro motore di ricerca, il nome e cognome dell’interessato.
Quando scatta il diritto all’oblio con la riforma del processo penale?
Con la nuova riforma del processo penale, in particolar modo all’art. 13 bis del disegno di legge, per aversi titolo alla deindicizzazione dei dati da Google, o altri motori di ricerca, si avrà bisogno di un provvedimento favorevole dell’Autorità Giudiziaria intervenuto nel procedimento a carico dell’interessato. Ad essere precisi i titoli idonei a far scattare l’inizio delle procedure di deindicizzazione sono i seguenti: decreto di archiviazione emesso dal Giudice delle indagini preliminari (GIP) quando la notizia di reato si ritiene infondata; sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p. emessa all’esito dell’udienza preliminare, la quale riconosce l’infondatezza dell’accusa prima di iniziare il processo; sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado, laddove risulti che il fatto non sussiste, non costituisce reato o l’imputato non lo ha commesso. Ebbene, affinché si possa attivare automaticamente la procedura de quo, la statuizione del Giudice procedente deve sostanzialmente contenere il dictum che il reo sia stato prosciolto o assolto perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, dunque la formula piena ai sensi dell’art. 530 co. 1 c.p.p. Orbene, una volta ottenuta tramite il titolo di cui sopra la dissociazione dei dati personali degli assolti dalla vicenda giudiziaria penale di carattere pregiudizievole, le informazioni personali, quali nome, cognome etc., della persona assolta non compariranno più tra i risultati relativi al reo, se cercato su Google. La riforma così come descritta, dovrebbe entrare in vigore già alla fine del 2021, a seguito della approvazione definitiva del Parlamento ed a seguito della stesura dei rispettivi Decreti Legislativi che ne dovranno precisare ulteriormente il contenuto.