Dalla nascita del diritto all’oblio nel 2014, in seguito alla sentenza Costejas della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13 maggio 2014, gli spazi web più al centro di discussioni, dibattiti e richieste di rimozioni da parte di utenti sono i motori di ricerca, primo fra tutti Google. A partire da questa data, infatti, un interessato può richiedere al fornitore di un motore di ricerca online di cancellare uno o più link dalla sua pagina dei risultati che appare dopo una ricerca effettuata col suo nome. Come possiamo vedere anche dal Rapporto di trasparenza di Google, nel corso di questi anni è quindi aumentata la consapevolezza da parte degli utenti su come eliminare il proprio nome dalle ricerche google, considerando che le autorità di controllo hanno osservato un aumento del numero di reclami riguardanti il rifiuto da parte di fornitori di motori di ricerca di deindicizzare link.
Ma su cosa si basano infatti i motori di ricerca per considerare valide o meno le richieste di rimozione e deindicizzazione? Esistono delle Linee guida Europee per i motori di ricerca sui criteri per l’esercizio del diritto all’oblio, basate sull’art.17 e l’art.21 del GDPR (Regolamento Generale per la Protezione dei Dati). In base a queste direttive, il diritto all’oblio implica innanzitutto due ulteriori diritti: il diritto di opposizione e il diritto alla cancellazione. Inoltre, il trattamento dei dati effettuato dai fornitori di motori di ricerca è ben distinto dal trattamento dei dati personali operato dagli editori di siti web terzi, quindi qualora l’interessato ottenesse la deindicizzazione di un particolare contenuto da un motore di ricerca come Google, ciò determinerebbe la cancellazione di tale contenuto specifico dall’elenco dei risultati di ricerca relativi all’interessato, ma il contenuto resterà tuttavia disponibile online tramite altri percorsi. Oltre a permanere online, i dati personali non verranno cancellati nemmeno dalla cache del fornitore del motore di ricerca, ad esclusione di alcuni casi eccezionali in cui anche i motori di ricerca non sono esonerati dall’obbligo di cancellazione effettiva e completa anche dai propri indici o cache.
Inoltre, tali linee guida affrontano il tema delle motivazioni per cui un interessato può o non può invocare il suo diritto all’oblio. Sempre alla luce dell’articolo 17, paragrafo 1, il principio generale stabilito per cancellare i dati prevede sei motivazioni principali: l’interessato ha diritto di richiedere la deindicizzazione da un motore di ricerca se i dati non sono più necessari rispetto alle finalità per cui erano stati raccolti o trattati, se l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento, se egli esercita il diritto di opporsi al trattamento dei suoi dati personali ai sensi dell’art.21 del RGPD, se i suoi dati personali sono stati trattati illecitamente, se la cancellazione adempie un obbligo legale e se i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione a minori. Secondo il paragrafo 3 dell’art.17, invece, è stabilito che i fornitori di ricerca hanno il diritto di respingere tali richieste quando il trattamento dei dati è necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e d’informazione, per l’adempimento di un obbligo legale o di un compito svolto nel pubblico interesse o nell’esercizio di pubblici poteri, per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, ai fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica, storica o statistica, oppure infine per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.