Nell’ultimo periodo rappresenta oggetto di dibattito il tema in materia di protezione dei dati personali, che troverà il pieno culmine il 25 maggio 2018 con il GDPR, e l’utilizzo dei dati per questioni di ricerca scientifica. In particolare, si discute sui dati dei pazienti che vengono utilizzati a scopo scientifico per garantirne la ricerca. Con l’entrata in vigore del GDPR, si tenderà, da una parte a valorizzare la ricerca scientifica, ma dall’altra si spingerà verso una maggiore protezione dei dati dei pazienti, in quanto il Regolamento europeo nasce proprio con l’intento di aumentare il livello di privacy dell’utente. Il dibattito in questione, riguarda alcuni sostenitori della ricerca che ritengono che con tale regolamento, questa non possa più essere garantita; ma come sostiene Antonello Soro – Garante della Privacy italiano – questo non andrebbe ad influire sul riuso dei dati dei pazienti per finalità di ricerca, ma semplicemente andrà ad adottare “precise procedure di cautela sulla base di un puntuale bilanciamento tra il diritto alla privacy degli interessati e altre rilevanti finalità di interesse pubblico”.
La legge europea sulla privacy, così come anche l’ordinamento italiano, non si oppongono alla ricerca scientifica, perché qualsiasi progetto di riutilizzo dei dati che rappresenta un punto in più per la salute, sarà sempre tutelato. Tuttavia il Garante della Privacy, ritiene che però debba vigere il rispetto per la privacy dell’interessato, e pertanto qualunque progetto di riutilizzo dei dati sulla salute, affinché ottenga il via libera dal Garante, dovrà “dimostrare, preventivamente, l’esistenza di adeguate misure di protezione dei dati. Dovrà, in particolare, essere documentata l’adozione di accorgimenti idonei a ridurre ragionevolmente i rischi di re-identificazione degli interessati”. Il Regolamento generale per la protezione dei dati personali (RGPD), nel rispetto della tutela della privacy, consente alla persona interessata di poter richiedere la rimozione dei propri dati personali (definito come “Diritto all’Oblio”, presente all’art. 17 del GDPR), salvo eventuali casi, in cui non sarà possibile esercitare suddetto diritto alla cancellazione. Tra i seguenti casi, vi è proprio il motivo di interesse pubblico, nel settore della sanità pubblica, che viene descritto all’art. 9 del Regolamento Europeo 2018, in cui è dichiarato che il trattamento dei dati personali è necessario per “motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero o la garanzia di parametri elevati di qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria e dei medicinali e dei dispositivi medici”. Ma a costituire ulteriore dibattito è anche il fattore “anonimizzazione” dei dati per la ricerca scientifica, secondo cui sarebbe importante, per alcuni esperti, diffondere i dati anonimi sui pazienti per renderli visibili a terzi. Non resta quindi che aspettare l’evoluzione del GDPR e anche un’eventuale risposta del Governo italiano, per comprendere meglio cosa avverrà in materia di dati personali sanitari e in particolare per la ricerca scientifica.