Diffamazione su Internet e violazione della Privacy

Spesso il popolo internettiano sottovaluta la potenza del web che, come tale, potrebbe imputare un soggetto a causa di diffamazione sul web o ancora per violazione della privacy. Come ha di recente stabilito la Cassazione in una vicenda successa accaduta nel settembre di quest’anno, sul web è peggiore il reato di diffamazione rispetto alla violazione della privacy. Infatti, come dichiara la Suprema Cassazione: “la diffamazione aggravata (ai sensi del comma terzo dell’art. 595 cod. pen.) risulta più grave (perché punita con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad euro 516) rispetto al reato di cui all’art. 167, come contestato nella specie (punibile con la reclusione pari nel massimo a due anni)”.

La diffamazione a mezzo Internet costituisce reato. Ma cos’è esattamente la diffamazione e in che contesto avviene? Il reato di diffamazione (all’articolo 595 del Codice Penale) avviene quando un soggetto, davanti più persone, va ad offendere e a ledere la reputazione di una persona che non è lì presente; infatti se la persona lesa è presente durante l’offesa non si parla più di reato di diffamazione, ma di reato di ingiuria. La veridicità dei fatti raccontati, durante un contesto di diffamazione, non sono utili per imputare il soggetto; ciò che invece risulta fondamentale per l’accusa riguarda il fatto che l’accusa deve avere come oggetto sempre lo stesso racconto, e che tale racconto venga narrato a più di una persona. Infatti, se viene narrato a due persone diversi, in giorni diversi ma il racconto cambia, allora non costituisce reato di diffamazione.

D’altra parte, si commette reato di violazione della privacy quando vi è una diffusione di dati personali sul web, in virtù del D.Igs. n. 196/2003. Il reato avviene quando si vanno a pubblicare in rete i dati personali di un soggetto, senza che questo ne abbia data espressa autorizzazione, o se è esente da alcuni casi previsti dalla legge. Ciò può avvenire ad esempio quando alcune aziende pubblicano nel loro portfolio clienti, il nome di alcuni di questi che non hanno dato l’autorizzazione. Il reato sulla diffusione dei dati personali e quindi la violazione della privacy, prevede che vi possa essere una pena che può arrivare fino ai 3 anni di reclusione. La Suprema Cassazione però ritiene che la divulgazione dei dati personali possa essere considerata un reato inferiore rispetto alla diffamazione, così come ha dimostrato nella sentenza che accusava un giornalista di aver diffamato due cittadini italiani affidatari di tre minori, i cui dati personali erano stati divulgati su Internet. La Cassazione ha ritenuto di dover punire il redattore, non tanto per la divulgazione dei dati, ma soprattutto per la diffamazione ai danni dei due soggetti.

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