A partire da maggio 2014, attraverso una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, è stato stabilito che gli utenti possono richiedere ai motori di ricerca come Google, di cancellare notizie da Google e dai risultati delle query basate sulle proprie informazioni personali (diritto all’oblio).
L’obbligo dei motori di ricerca, una volta pervenuta la richiesta, è quello di controllare se gli URL in questione siano “inadeguati, irrilevanti o non più rilevanti, o eccessivi”, tenendo sempre conto dei fattori di interesse pubblico come, ad esempio, il ruolo del soggetto nella vita pubblica.
Google, da parte sua, si impegna a rimuovere gli URL segnalati da tutti i risultati delle ricerche che sono relative ai Paesi dell’Unione Europea e, attraverso la geolocalizzazione, riesce a limitare gli accessi all’URL dal paese della persona che ha fatto la richiesta di rimozione.
Richieste diritto all’oblio: una panoramica del nostro Paese
Grazie al rapporto sulla trasparenza di Google possiamo capire meglio la situazione per quanto riguarda le richieste di diritto all’oblio che vengono presentate dai cittadini italiani. Dal 29 maggio 2014 ad oggi sono state presentate 1.455.477 richieste per un totale di 5.625.513 URL di cui è stata richiesta la rimozione.
Di queste richieste, attualmente, è più alta la percentuale di URL non rimossi rispetto a quelli rimossi (51,3%-48,7%). Molte di queste richieste, che analizzeremo tra poco, non sono state accolte per via di contenuti di interesse pubblico o per la vita professionale svolta dal richiedente. Ma vediamo, più nel dettaglio, alcune richieste di cancellazione notizie da Google che sono state presentate in Italia.
Rapporto sulla trasparenza Google: la sezione Esplora richieste in Italia
Attraverso il rapporto sulla trasparenza è possibile verificare, tramite la sezione “Esplora richieste“, anche alcuni esempi di richieste ricevute dal motore di ricerca. Analizziamo le ultime arrivate dal nostro Paese.
La prima richiesta riguarda la rimozione di 9 articoli relativi al fatto che il richiedente pagasse delle donne e una ragazza minorenne per prostituirsi. Il soggetto interessato, in questo caso, aveva collaborato con la polizia e accettato un patteggiamento. La richiesta è stata rifiutata da Google considerata la gravità del reato. Il reclamante fece ricorso al Garante Privacy ma, anche in questo caso, la richiesta venne rifiutata per gli stessi motivi.
Un’altra richiesta è arrivata da un imprenditore italiano che chiedeva a Google la rimozione di un articolo presente su un blog e collegato ad una vicenda del 2012 dove il reclamante venne accusato di avere stretti legami con un capo mafia. L’articolo conteneva la trascrizione dell’intercettazione telefonica da parte della polizia tra il privato e il capomafia in casa di quest’ultimo.
Inizialmente, la richiesta venne rifiutata da parte del motore di ricerca ma, una volta presentato ricorso al Garante Privacy, quest’ultimo fece notare a Google che non c’erano procedimenti legali o indagini successive da parte della polizia in merito a questo caso, motivo per cui il reclamo è stato ritenuto fondato e rimosso l’articolo del blog.