Grazie al diritto all’oblio i cittadini possono tutelare la propria reputazione online, chiedendo la rimozione o la deindicizzazione di determinati contenuti dai risultati dei motori di ricerca. Ma come si colloca il diritto all’oblio in merito alla non menzione del reato nel casellario giudiziale? Vediamolo insieme, attraverso il provvedimento emesso dal Garante Privacy il 28 febbraio 2019.
La vicenda
In data 29 novembre 2018 un cittadino ha richiesto a Google LLC la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nome e cognome, di 73 URL collegati ad articoli relativi ad una vicenda giudiziaria che si è conclusa in primo grado con la condanna alla pena di un anno e due mesi di reclusione (sospesa per la condizionale e con la conseguente non menzione nel certificato del casellario giudiziale). In particolare, il reclamante ha dichiarato di aver lavorato nell’ambito diplomatico fino al febbraio 2014, quando ha rassegnato le proprie dimissioni dal Ministero degli Affari Esteri, per dedicarsi a tempo pieno alla gestione di una fondazione da lui istituita nel 2000 e di essere stato condannato dal Tribunale di Roma, con sentenza del 17 luglio 2018. Secondo il reclamante, le notizie circolate in rete, rappresentavano un grave danno d’immagine rispetto alla fondazione istituita e di aver pertanto diritto alla deindicizzazione, in quanto le notizie relative al procedimento penale sarebbero state pubblicate in aperto contrasto con quanto stabilito dal Tribunale di Roma, che ha concesso i benefici della sospensione della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. Secondo il motore di ricerca, il reclamo dell’interessato deve essere giudicato inammissibile in quanto proposto direttamente dalla fondazione che, essendo persona giuridica, non riceve tutela dalla normativa in materia di protezione dei dati personali. Inoltre:
- gli URL indicati nel reclamo con i numeri 10 e 12 non riguardano i fatti relativi al procedimento penale dell’interessato, né con la sentenza di condanna, ma riportano una vicenda relativa a maltrattamenti ai danni di dipendenti del consolato italiano in Germania;
- gli URL indicati nel reclamo con i numeri 4 e 5 sono anch’essi privi di relazione con il procedimento penale prima richiamato, in quanto rimandano ad un articolo relativo a delle molestie che l’interessato avrebbe posto in essere ai danni di una celebre esponente politica francese.
Per i restanti URL, Google ha specificato che non è stato possibile accogliere la richiesta di deindicizzazione poiché è assente il requisito del trascorrere del tempo. I contenuti risalgono a luglio 2018 e riportano informazioni riguardanti un procedimento penale ancora in corso, nel quale il reclamante è stato condannato in primo grado per violenze sessuali nei confronti di un aspirante dipendente della Fondazione da lui presieduta
Il provvedimento del Garante
A seguito del reclamo presentato dall’interessato, l’Autorità Garante ha dichiarato che gli URL 4,5,10 e 12 non possono essere presi in considerazione in quanto relativi a vicende diverse da quella oggetto del reclamo. Per quanto riguarda i restanti URL, il Garante ha dichiarato il ricorso fondato. La permanente indicizzazione di tali articoli, infatti, vanifica del tutto gli effetti dei benefici concessi in sentenza e, in particolare, di quello della non menzione della condanna, ordinando pertanto a Google di rimuovere gli URL entro 20 giorni dalla ricezione del provvedimento. Non è stato così possibile cancellare notizie da Google.