Se il nostro nominativo, sul web, è associato ad una vicenda del passato che non riveste più alcun interesse o se compare ma le informazioni inserite sono inesatte o non aggiornare possiamo, invocando il diritto all’oblio, chiedere ai motori di ricerca di cancellare notizie da Internet o di deindicizzarle per non farle più apparire nei risultati delle ricerche.
Ciò che è cambiato, però, è che se prima avevamo la possibilità di invocare il diritto all’oblio soltanto se avevamo a nostra disposizione una sentenza favorevole di un giudice, oggi possono bastare “elementi di prova pertinenti e sufficienti” da allegare alla richiesta da presentare ai motori di ricerca. Questo è quanto stabilito in una recente sentenza della Corte di Giustizia UE e che analizzeremo nel presente articolo.
Come si è espressa la Cassazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34658 del 24 novembre 2022, ha dichiarato che il diritto all’oblio si deve sempre correlare al diritto alla riservatezza, ed in tal senso deve proteggere il cittadino nella richiesta di procedere con rimozione contenuti obsoleti Google, non vedere divulgate ulteriormente delle notizie superate dal tempo e per le quali è venuto meno l’interesse pubblico.
Sempre secondo la Corte di Cassazione, andando a richiamare quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell’UE, ha sancito che i diritti fondamentali di cui agli art.7 (rispetto della vita familiare e/o privata) e 8 (protezione dei dati personali) prevalgono sia sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, sia sull’interesse della collettività ad avere accesso alla relativa informazione, digitando come chiave di ricerca il nominativo dell’interessato.
Come si sono espressi i giudici europei
Il diritto all’oblio viene ulteriormente rafforzato dalla sentenza n. 460 emessa in data 8 dicembre 2022 dalla Corte di Giustizia dell’UE, in quanto è stato stabilito che, per poter esercitare tale diritto, non è necessario attendere la decisione favorevole di un giudice per richiedere di deindicizzare un contenuto. Questo significa che per rimuovere un contenuto offensivo, inesatto o lesivi, non occorre presentare una sentenza di un giudice ai motori di ricerca ma sarà sufficiente la richiesta scritta da parte dell’interessato, corredata da “elementi di prova pertinenti e sufficienti, idonei a corroborare la sua richiesta e atti a dimostrare il carattere manifestamente inesatto delle informazioni incluse nel contenuto indicizzato“. La sentenza di un giudice occorrerà qualora l’inesattezza dei dati non sia supportata da prove sufficienti da parte dell’interessato.