5 Domande frequenti sul Diritto all’Oblio su Internet

Le domande sul diritto all’oblio (cos’è, come funziona, come fare il modulo, cosa dice la Cassazione, e così via), sono numerose ed è difficile trovare risposte aggiornate e corrette. Le informazioni sul diritto all’oblio su Internet sono infatti contaminate da una serie di vecchi articoli diffusi in rete e facilmente raggiungibili su Google: il diritto all’oblio sui motori di ricerca è nato nel 2014, ma da allora molte cose sono cambiate. Per questo motivo, fare ricerche su Google per trovare informazioni sul diritto all’oblio, richiede una particolare attenzione. Infatti, col passare del tempo il Garante dei Dati si è espresso in materia di diritto all’oblio, e i Tribunali hanno abbracciato un orientamento giuridico a favore della moderazione delle richieste di cancellazione dei dati personali da Internet. Cancellare notizie da Google con il diritto all’oblio è diventata quasi una moda, al punto che, proprio gli americani, settimane addietro, si sono espressi sulle maniere con le quali gli europei utilizzare il diritto all’oblio per censurare il diritto di cronaca. Non è un caso che l’Italia sia tra i Paesi con il più alto numero di richieste per il diritto all’oblio, e il più basso tasso di risposte positive da parte di Google. Significa che, con una certa ignoranza in materia, i diretti interessati si rivolgono ai loro avvocati o Webmaster ed avviano procedure non corrette per la rimozione dei dati dal web. Il significato di diritto all’oblio dice chiaramente che con questo termine si intende il diritto ad esercitare la richiesta di rimozione dei propri dati personali da Internet, in particolare, dagli archivi di memorizzazione dati. Quando i propri dati sono archiviati online in un sito Internet, essi sono oggetto di un trattamento dei dati, e il diretto interessati può esercitare il diritto di richiederne la rimozione. Ciò non significa che ciascuno abbia diritto a far rimuovere le notizie da Google. Riportiamo di seguito 5 domande frequenti sul diritto all’oblio che potrebbero aiutarvi a capirne meglio la definizione e gli orientamenti giuridici.

Il diritto all’oblio o il diritto di cronaca?

In Cassazione, sul finire del 2016, il direttore di una testata giornalistica online è stato condannato a risarcire un cittadino che aveva richiesto la rimozione del suo nominativo da alcuni articoli di giornale, e la rimozione gli era stata negata. Gli articoli interessati avevano una anzianità di 24 mesi. Per il Giudice, dopo un certo periodo di tempo, il diritto di cronaca si estingue e i nominativi delle persone vengono archiviate su un sito Internet senza il consenso del diretto interessato. Il direttore di questo giornale è stato dunque condannato ad un risarcimento danni per aver commesso il reato di trattamento illecito dei dati personali. Il diritto all’oblio non impone ai giornalisti di essere rispettato.

Dopo quanto tempo il diritto all’oblio?

Facendo riferimento alla precedente domanda, dunque, si può rispondere che per Legge il diritto all’oblio dei dati personali su Internet debba essere concesso da parte di tutti i siti web che ospitano il dato personale da oltre 24 mesi. Alcune testate giornalistiche invece, concedono 12 mesi di anzianità prima di rimuovere le notizie da Google. E’ possibile promuovere una azione di risarcimento danni qualora il diretto interessato si veda negare l’accesso ai propri dati personali. In quei casi, la privacy non è protetta e il titolare del trattamento può essere denunciato.

Come funziona il diritto all’oblio?

Quando Google interviene per la rimozione di URL dal motore di ricerca, fa sì che tra i Risultati di Ricerca non vengano più visualizzate le URL rimosse ogni volta che venga effettuata una ricerca col nominativo della persona interessata. Questo significa che gli articoli restano online all’interno dei loro siti web, ma non sono più raggiungibili da Google. Per rimuovere completamente la notizia o il dato personale da Internet, occorre contattare il Webmaster del sito web, oppure farsi assistere da un avvocato per avviare la richiesta di esercizio del diritto di accesso ai propri dati personali. Rimuovendo il dato personale dalla pagina, oppure sostituendolo in forma anonima, gli articoli non saranno rintracciabili negli archivi del sito web effettuando una ricerca per “nome e cognome” dell’interessato.

Quanto costa il diritto all’oblio?

Se è vero che ciascuno può “fare da sé” il diritto all’oblio, attraverso l’utilizzo del modulo dedicato su Google, è anche vero che per svolgere un lavoro esaustivo (cancellarsi da Internet) ed efficace di rimozione dei dati da Internet, occorre molto probabilmente rivolgersi ad uno o più consulenti. Le problematiche solitamente riscontrate sono diverse. Ad esempio, chi fa da sé potrebbe non presentare a Google l’elenco completo delle URL da rimuovere e, in questi casi, potrebbe vedere riemergere tra i Risultati di Ricerca Google un link che non aveva preso in considerazione. Inoltre, rivolgendosi a Google con il modulo per il diritto all’oblio, non si compie una esaustiva cancellazione da Internet del proprio nominativo. Google infatti “de-indicizza” i link soltanto in Europa. Al di fuori dell’Europa, i link continuano ad essere visualizzati tra i Risultati di Ricerca. Occorrerebbe rivolgersi ad un Webmaster o ad un consulente informatico per intervenire sulla rimozione manuale delle URL da tutti i motori di ricerca. Potrebbe occorrere anche un avvocato: infatti, in caso di negazione della rimozione dei link da Google, ci si potrebbe rivolgersi al Garante dei Dati e avviare una procedura legale per la rimozione del nominativo da Internet. Quanto costa tutto questo? Dipende dalle parcelle dei consulenti informatici e degli avvocati, le quali, di solito, non sono molto economiche.

Il diritto all’oblio lede l’identità digitale?

Se la rimozione dei dati da Internet viene negata, e se questi dati sono collegati a informazioni inappropriate, l’identità della persona è vulnerata. In questi casi, a seconda della persona (che può essere un personaggio pubblico, un libero professionista, un imprenditore), si può valutare una azione risarcitoria dei danni patrimoniali. Non è consigliato fare causa a Google: di nuovo, sarà il Garante per la Protezione dei Dati Personali a tutelare gli interessi dell’interessato e a valutare se possa esserci la parvenza per il risarcimento danni.

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